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Rischio ATEX: quando l’aria diventa un pericolo invisibile

Il rischio ATEX (ATmosphères EXplosibles) rappresenta una delle principali preoccupazioni per la sicurezza nelle aziende italiane. Negli ultimi anni, il nostro Paese ha registrato numerosi incidenti legati a esplosioni, spesso con conseguenze tragiche. Ad esempio, nel 2024, un’esplosione presso un deposito di carburante ENI a Calenzano, in Toscana, ha causato la morte di cinque persone e il ferimento di altre quattordici. 

Per comprendere il fenomeno delle esplosioni, è fondamentale conoscere i principi di combustione, incendio e quali sono le condizioni per cui si possa creare un’esplosione. La combustione è una reazione chimica esotermica tra un combustibile e un comburente, generalmente l’ossigeno dell’aria, che produce calore e luce. Quando questa reazione avviene in maniera incontrollata, può portare a incendi o esplosioni. I parametri chiave che influenzano il rischio di esplosione includono il Limite Inferiore di Esplosività (LEL), il Limite Superiore di Esplosività (UEL), l’Energia Minima di Innesco (MIE) e l’indice Kst, che misura la velocità di aumento della pressione durante un’esplosione di polvere.  

In Italia, la gestione del rischio ATEX è regolamentata da specifiche normative. Il Decreto Legislativo 81/08, noto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, stabilisce le misure generali di tutela per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il Codice di Prevenzione Incendi, in particolare il capitolo V.2, tratta i criteri di valutazione e riduzione del rischio per atmosfere esplosive nelle attività soggette ma può essere considerata valido riferimento anche per le attività non soggette (non rientranti nell’elenco dell’allegato 1 al DPR 151/11). La Direttiva ATEX, recepita nel nostro ordinamento, disciplina l’utilizzo di attrezzature e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive.  

La classificazione delle aree a rischio di esplosione è un passaggio cruciale nella prevenzione degli incidenti. Le norme CEI 31-87 e CEI 31-88, insieme alla linea guida CEI 31-35 (ormai abrogata ma ancora valido riferimento) forniscono criteri per identificare e classificare le zone con presenza di gas o polveri combustibili. Questa classificazione consente di adottare misure preventive adeguate e di scegliere apparecchiature idonee per ogni specifica area. 

Anche i macchinari devono essere progettati considerando il rischio di esplosione. La classificazione interna dei macchinari prevede l’adozione di soluzioni tecniche che impediscano l’innesco di atmosfere esplosive, garantendo la sicurezza operativa. 

Un elemento fondamentale nella gestione del rischio è il Documento di Protezione contro le Esplosioni (DPE), che valuta i potenziali pericoli e definisce le misure di prevenzione e protezione da adottare. Questo documento include, tra l’altro, metodi di calcolo per valutare l’estensione delle zone a rischio e le conseguenze di una possibile esplosione. 

Gestire il rischio ATEX richiede un approccio integrato che unisca prevenzione, classificazione delle aree a rischio e utilizzo di attrezzature adeguate. La conoscenza dei principi di combustione ed esplosione, insieme all’applicazione delle normative vigenti, permette di ridurre significativamente il pericolo e garantire ambienti di lavoro più sicuri. Investire nella formazione e nella corretta manutenzione degli impianti non è solo un obbligo normativo, ma una strategia essenziale per la tutela di persone e strutture. 

Redazione EduC.A.

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