Il 10 luglio 1976, una tranquilla mattina d’estate in Brianza si trasforma in uno dei disastri ambientali più gravi d’Europa. A Seveso, una nube biancastra si alza silenziosa dal reattore esploso della fabbrica ICMESA. Nessun allarme, nessuna evacuazione immediata. Solo il silenzio. E la diossina.
Alberto, come tanti altri, quel giorno sta partendo per la montagna con la famiglia. La borsa frigo in macchina, uno sguardo al seggiolino di suo figlio per vedere se è ben allacciato e via verso le Valli Bergamasche dove la calura dà tregua. Il lavoro porta Alberto vicino all’epicentro dell’incidente, deve fare un’operazione di manutenzione con i suoi colleghi, un ripristino di una linea elettrica. Lui e i colleghi della squadra si mettono al lavoro, ma c’è qualcosa di strano, tutto è coperto da una misteriosa polvere gialla. Cos’è? Nessuno sa, nessuno dice. Eppure, quella sostanza invisibile entra nei polmoni, si deposita sui vestiti, contamina le case.
I primi segnali arrivano dagli animali. Poi dai bambini. Poi dagli adulti. Le risposte tardano, e la verità si fa largo tra omissioni e silenzi. Alberto, come molti altri operai, ha vissuto per anni tra tute protettive, respiratori e paura. Ha visto amici ammalarsi, colleghi morire. E anche lui, anni dopo, si è ritrovato a combattere contro un tumore.
La sua storia è una testimonianza preziosa, non solo del disastro ambientale, ma anche di quello umano e istituzionale. Perché il vero veleno, oltre alla diossina, è stata l’indifferenza. Le promesse mancate. Le risposte mai date.
Oggi, la Direttiva Seveso protegge milioni di cittadini europei.
Vediamola per punti:
- Regolare lo stoccaggio e la gestione di sostanze pericolose.
- Imporre agli stabilimenti industriali di adottare misure di sicurezza, piani di emergenza e sistemi di gestione del rischio.
- Classificare gli impianti in base alla quantità di sostanze detenute (soglia inferiore e superiore).
- Prevedere ispezioni, notifiche obbligatorie e sanzioni in caso di non conformità.
È uno strumento fondamentale per tutelare la salute pubblica e l’ambiente, nato proprio dalla necessità di non ripetere mai più tragedie come quella di Seveso.
Ma la memoria di chi ha vissuto quei giorni resta viva.







